Per una Chiesa diversa, non un’altra Chiesa
Sabato 9 ottobre si è aperto ufficialmente il Cammino Sinodale con un incontro a inviti dove ha preso la parola anche Papa Francesco[1]. Domenica 10 ottobre si è svolta la Messa ufficiale a San Pietro, presieduta dal Pontefice. Il 16 ottobre si avvia il processo diocesano del cammino sinodale: la prima fase del percorso, che consta di tre fasi[2].
Nell’incontro di sabato nella sala del Sinodo, Papa Francesco, tra le altre cose, dice: ‘Non bisogna fare un’altra Chiesa ma una Chiesa diversa.’ I tre rischi dai quali ci mette in guardia sono formalismo, intellettualismo e immobilismo.
Uno degli hashtag ufficiali del cammino sinodale è #ListeningChurch, Chiesa che ascolta.
Il tema scelto per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2022 è ‘Ascoltate!’.
Tutta questa premessa per sottolineare che, se ci sentiamo chiesa, è questa l’attitudine alla quale siamo invitate e invitati: ascoltare.
Ascoltare noi stessi: è tempo di nominare e dare voce a quei dubbi che non hanno mai trovato cittadinanza nella nostra comunità; è recuperare la nostra voce, la nostra parola che è unica e con la quale possiamo contribuire a questa Chiesa diversa.
Ascoltare i gridi del mondo e della terra: cosa ci dice questa storia che abitiamo? Quali interrogativi ci spingono a discernere la nostra risposta? Dove ci invita lo Spirito Santo, il respiro di Dio?
E’ vero anche che una ‘Chiesa diversa’ può voler dire tante cose. Sappiamo, perché lo ha scritto in tutti i suoi documenti magisteriali, quale sia il volto della Chiesa diversa di Papa Francesco. Ma, mi domando, se nella comunità ecclesiale universale ci siano, invece, elementi della Chiesa diversa che vanno in un’altra direzione?
Prima di avviare un dialogo nelle nostre comunità di appartenenza sulla sinodalità, è bene domandarci: dove mi colloco io, personalmente e comunitariamente, in questo cammino? Dove desidero vedermi alla fine di questo cammino? Quale orizzonte sogno come punto di arrivo? Quali sono gli elementi di questa Chiesa diversa?
La sinodalità: un impegno per i prossimi decenni
La sinodalità non sarà un impegno per i soli due anni che ci separano dal Sinodo dell’ottobre 2023; ci impegna per decenni a venire perché, affinché la sinodalità diventi veramente carne e prassi, serve una riforma della nostra Chiesa: dalle strutture alla pastorale, dalla formazione dei sacerdoti all’ascolto delle voci che sentiamo ‘diverse’ (comunità LGBTQ+, separati e divorziati, risposati…), dal coinvolgimento delle donne come discepole al pari degli uomini alla revisione del linguaggio e di alcuni canoni del Diritto canonico.
Nella mia prima riflessione sul tema Sinodo ho parlato della sinodalità come pedagogia. Con questo breve contributo che, spero, apra un dialogo, vorrei riflettere sul formare facilitatrici e facilitatori del cammino sinodale.
Facilitatrici e facilitatori di processi sinodali
Viviamo un tempo complesso, non complicato. La complessità richiede delle competenze per saperla leggere, interpretare e pianificare strategie per raggiungere gli obiettivi individuati. La facilitazione è un’esperienza che abbiamo importato in Italia dal mondo anglosassone e nord americano, dove ha una storia di più antica datazione.
Nel mondo ecclesiale mediterraneo è solo da pochi anni che si riconosce il bisogno di una figura professionale esterna che accompagni i processi decisionali e di cambiamento nelle congregazioni religiose e nelle organizzazioni ecclesiali. Il ruolo della facilitatrice e facilitatore è quello di aiutare il gruppo a raggiungere i propri obiettivi favorendo la partecipazione e il coinvolgimento dei membri, curando le relazioni, le dinamiche e la dimensione affettiva.
Credo essenziale per il cammino sinodale formare persone capaci di prendersi cura dei processi, di accompagnare cammini e nutrire una visione spirituale della sinodalità.
Ci sono organizzazioni come Missione Emmaus che offrono opportunità di formazione e riflessione su metodologie che favoriscono la sinodalità, la comunione e la partecipazione.[3]
Voto alle donne nel prossimo Sinodo: e se cancellassimo il voto per tutti?
Durante la conferenza stampa di presentazione del primo Documento di lavoro del Sinodo 2023 qualche settimana fa, il Cardinal Grech, rispondendo a una domanda di una giornalista circa la possibilità di far votare anche le donne al prossimo sinodo, disse: ‘il protagonista del cammino sinodale è lo Spirito Santo (…) Potremmo decidere di eliminare il voto come metodo di decisione’.
Alcuni hanno commentato, a ragione, che non ha risposto alla domanda. Ma io ci leggo anche altro tra le righe: di fatto non ha chiuso la possibilità del voto anche a chi non è Vescovo; ha invitato tutti a lasciarci interrogare dallo Spirito, a metterci in quella disposizione di Gesù di ascolto profondo.
Inoltre, ci ha detto che la Sinodalità è molto di più di un processo meramente democratico o di maggioranza che possiamo esprimere attraverso un voto. Sappiamo che può venire proprio da una piccola minoranza la proposta, l’idea che fa fare un passo avanti verso quella Chiesa diversa di cui stiamo parlando. Lo Spirito soffia dove vuole…
Superare la logica del voto significa entrare in un percorso profondo di discernimento personale e comunitario, dove tutte e tutti siamo responsabili di farci canali del soffio dello Spirito. Non si sceglie per maggioranza ma perché sentiamo, cogliamo, pensiamo che ciò che sta emergendo è la cosa giusta nel momento giusto.
Non è un processo magico, è il mistero dell’azione dello Spirito che sperimentiamo anche nella nostra quotidianità.
Siamo pronte e pronti per questo salto di qualità?
Patrizia Morgante